4 | Ritratto di un fanciullo ben educato

Trascorsi pochi anni dalle prime prove d’autore, lo studio della composizione, intrapreso con Ildebrando Pizzetti a Milano quando è poco più che un bambino, prosegue per Nino con Alfredo Casella a Roma, dove egli si trasferisce a sedici anni non ancora compiuti. Il giovane musicista alloggia in una pensione ma trova un riferimento sicuro in Emilio e Leonetta Cecchi, che lo accolgono presso di loro con affettuosa e generosa familiarità. Eccolo diciassettenne una domenica sera a casa Cecchi, ritratto al pianoforte da Leonetta Cecchi Pieraccini:
10 febbraio [1929]. Nino Rota si mette al pianoforte e suona ininterrottamente a memoria tutto quello che gli viene richiesto, da Bach a Beethoven, Mozart, Verdi, Rossini, Donizetti, o Wagner e magari Strauss. [Vincenzo] Cardarelli, forte della sua passata esperienza di non so quale strumento a fiato, nella banda di Tarquinia, è il più esigente degli ascoltatori; e direi anche degli esecutori, perché si picca di seguire l’esecuzione pianistica col canto, battendo il tempo e prospettando il programma dei pezzi da eseguire. Nino, sempre pronto ed esauriente, lo contenta docilmente come avesse una macchina con tutto il repertorio nella testa e nelle dita. Cardarelli finisce col rimanere colpito di tanto dono. Ma non vuole dimostrarlo. Anzi si compiace quasi di umiliare, con i suoi cavillosi sofismi, il gentile ragazzo. Il quale si è fatto in un primo momento rosso rosso ed è apparso un po’ confuso e intimorito dall’inconsueto ascoltatore. Ma si è rapidamente rincuorato e con il suo tatto di fanciullo ben educato, ma con la precisione e la fermezza dell’adulto, ha tenuto testa alle sue insidiose critiche. ‘Del resto, sa, io non voglio mica persuaderla’, dice a un dato momento Cardarelli con tono conciliante. ‘Invece lei fa di tutto per persuadermi; sono io che non mi lascio persuadere’, risponde con pacata sicurezza il giovinetto. ‘Il ragazzo ha bisogno di essere corrotto al più presto’, osserva Cardarelli; ma intanto lo segue, lo studia, quasi con una repentina onda di affettuosa simpatia, mentre quegli si è rimesso a tempestare i tasti del pianoforte e ad accennare, con un filo di voce, le arie della Lucia di Lammermoor. ‘Ha il furore, ha veramente il furore, e gli occhi pieni di fuoco’, bisbiglia Cardarelli agli altri ascoltatori; e a lui, appena interrompe di suonare: ‘Lei è simpatico soltanto al pianoforte. Ma non riuscirà a comporre della musica: è troppo intelligente. Già, morirà presto…’. ‘Bene, bene; mi piacerebbe morir presto’, risponde Nino col suo estatico sorriso. ‘E sarà più infelice di me’, prosegue Cardarelli. ‘Ma sentilo un po’, che razza di complimenti’ interrompe Bartoli. ‘Anche a me, quell’accidente, sta sempre a dirmi di quando morirò, del mio trasporto, eccetera… Ma andiamocene, vah, che è mezzanotte passata.’
— Leonetta Cecchi Pieraccini, Vecchie agendine (1911 – 1929), Sansoni, Firenze, 1960.
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