12 | Il pianoforte e la moviola

Nel 1943 Nino Rota è ripreso al pianoforte durante le prove del film Zazà di Renato Castellani (figg. 98-99), primo vero successo come compositore per il cinema. Il musicista segue da vicino tutte le fasi di realizzazione della colonna sonora da lui composta, talora accompagnato dalla madre Ernesta, che segue con partecipe attenzione la registrazione della musica, diretta da Fernando
Previtali, e annota nel proprio Diario fatti e impressioni:
Torno alla Fono [Roma], dove Previtali insiste sul ritornello di ripresa del can-can del Varieté di Zazà. La musica ci sta a pennello e le ballerine, a furia di ripetere il passo trovano il verso giusto di tirarsi in testa gambe e sottane in una sincronia di movimenti abbastanza precisa. Castellani, instancabile, salta sul palco, canta, balla, dimena le anche e pretende l'esatta riproduzione del suo gesto con inesorabile pazienza e cortesia. Non conto le volte che si comincia, finisce e torna da capo col can-can. Intanto si raggruppano in disparte gli attori e i figuranti per i numeri in programma nella giornata. Segue un pezzo di commento a una scena di Zazà con bambina girata a film muto. Bellissima la musica appassionata e commovente. Bellissima Miranda come espressione e gesto. Anche qui prove e riprove considerevoli. Previtali non sta indietro a Castellani per pazienza ed energia volitiva.
— Ernesta Rota Rinaldi, Diari, 18 febbraio 1943. Fondazione Giorgio Cini, Fondo Nino Rota.




Frequenti, almeno fino a tutti gli anni ’50, le occasioni in cui nell’incisione della propria musica per il cinema Rota è personalmente coinvolto come pianista, impegnato anche, quando se ne dà il caso, nell’esecuzione di brani di altro autore. Così è per il film La freccia nel fianco (Alberto Lattuada, 1945), di cui egli scrive al fratello Gigi:
Il motivo che si sente spesso nella «Freccia nel fianco» è mio, come tutta la musica, salvo i pezzi del pianista che sono di Chopin (tra parentesi suonati da me).
— Lettera di Nino Rota a Luigi Rota, Torre a Mare, 16 novembre 1945.

Dalla collaborazione con Federico Fellini nascono alcune tra le più celebri colonne sonore di Nino Rota. L’incontro avviene nel 1952. Rota ha già alle spalle una sessantina di film, Fellini – dopo l’esordio in Luci del varietà accanto a Alberto Lattuada – è al suo primo film come regista. È ancora il Diario di Ernesta Rota a offrire una vivida testimonianza del processo di realizzazione della colonna sonora:
Ieri, a mezzanotte, si è finito con questa incisione dello «Sceicco bianco» della malora. Da tre giorni ci tiene in ballo e Nino ci fa le nottate insieme a Elia, Cangemi e Dellecese. Ieri Nino è stato dentro la Fonoroma senza respiro dalle due a mezzanotte passata, prodigandosi con spreco, perché Previtali, quando soltanto chitarra e mandolino sono rimasti in gioco, se ne è andato e Nino ha assunto lui la direzione coadiuvato da Fellini che, dietro, stava in ascolta e suggeriva modifiche. La volta del coro dei bambini è stata una vera cagnare; sembrava piuttosto un coro d’asini: vociacce stonate da far accapponare la pelle. Allora Nino s’è tirato dietro al piano il gregge, imbeccando i maestri cantori nota per nota tirandole sino all’acuto necessario. Finalmente anche loro hanno finito per marciare e abbiamo potuto mandarli a quel paese. Indi, passati al tamburo, da curare anche lui: insomma una massa di piccole cose per le quali è occorso spendere un tempo infinito. Fellini, a festeggiare la conclusione del film, ci ha condotti, anzi, ci ha portati da «Ernesto», in Via SS. Apostoli. Pollo alla diavola, insalatina, arancio pelato e ben presentato. C’era la Magnani a una tavola poco discosta, tipo di selvaggia, molto interessante. Concluione, tornammo alle due, portati dal nostro simpatico anfitrione, dal quale mi sono accomiatata con baci e abbracci.
— Ernesta Rota Rinaldi, Diari, 13 marzo 1952. Fondazione Giorgio Cini, Fondo Nino Rota
Il sodalizio tra Rota e Fellini è destinato a durare ininterrottamente fino alla morte del musicista: sedici colonne sonore legate da un’impronta inconfondibile, attraversate da fili a volte nascosti, a volte messi in evidenza, quasi a comporre un opera unica in continua rielaborazione, da La strada a Le notti di Cabiria, da Dolce vita a Otto e mezzo, dal Satyricon al Casanova, da Amarcord a Roma. Se, come è consuetudine per Rota, le prime idee per la musica di un film vengono consegnate in rapidi appunti alle pagine di un bloc-notes, gli abbozzi musicali che ne derivano prendono subito forma nella tipica scrittura pianistica del compositore. Anche qui il pianoforte si rivela il mezzo prediletto, l’indispensabile strumento di lavoro. La registrazione di alcune sessioni di lavoro dedicate alle musiche di Amarcord (1973), conservate nell’archivio di Rota, ci apre una straordinaria finestra sul laboratorio della coppia: seduto al pianoforte, il compositore monta e smonta i brani che ha già abbozzato per i vari episodi del film, mentre il regista, verosimilmente alla moviola, segue canticchiando l’entrata dei motivi.