9 | «Ad Arturo, se gli piace»
Fig. 68
Fig. 69
Fig. 70
Fig. 71
Tra il 1959 e il 1960 Nino Rota lavora a un concerto per pianoforte e orchestra per Arturo Benedetti Michelangeli, cui il brano viene dedicato. L’amicizia tra i due artisti, nutrita di ammirazione e stima e durata per tutta la vita, data sin dai primi anni Quaranta. Ne è testimone il diario di Ernesta Rota, nel quale il ventiduenne Michelangeli fa la sua prima comparsa come apprezzato pianista, perdendo tuttavia da parte dell’esigente ascoltatrice il confronto con Walter Gieseking.
19 gennaio 1942
Che sfilata di concerti in questi giorni! Uno più bello dell’altro. Dovrei astenermene con la casa a soqquadro che ho, ma sto a pochi passi dal Conservatorio e la tentazione è grande: a sedermi là provo sollievo come essere in Chiesa. Mi si libera la testa dall’assillo di mille pensieri e lo spirito vola alto. (…)
Debbo ammettere che ci sono artisti che ci fanno saltare sulla sedia e non danno agio a dormire. I solisti, in genere, mandano in sollucchero le folle, e pure i direttori d’orchestra, tipo Toscanini, De Sabata, che fungono essi stessi da solisti-stella di prima grandezza.
Benedetti Michelangeli ha un ascendente esagerato sul pubblico. Forse i suoi ventidue anni, uniti a tanta maestria e bravura, pesano sulla bilancia. Certo è brillante, sagace, immediato. Alla richiesta subissale di bis s’avanza con un lungo passo sportivo, sorrisetto ironico, e siede subito senza commedie d’andirivieni, e regala con allegria molteplici bis: Chopin, Albéniz. In Albéniz pizzica a guisa di chitarra e canta con capriccio e abbandono come non gli accade spesso. Magnifico pianista.
Però, oramai lo conosco, e mi figuro a casa come suonerà il tal pezzo e non provo il desiderio irresistibile di correre a sentirlo. Mentre per nulla al mondo rinuncerei a Gieseking, benché si dica che è decaduto, indebolito o peggio. A me mi diverte come nessuno. Intanto, programmi quintessenziati, scelti e suonati per sé, mentre, questi giovani virtuosi, non ancora stufi dell’applauso e del mestiere, s’attaccano ai colossi del pianismo, quali l’Appassionata, il Chiaro di luna, la Polacca delle ottave di Liszt, ecc., pezzettoni da cento sui quali puntano con effetto sicuro. Ma che stufita, per noi, cariatidi vetuste del Conservatorio. Con Gieseking c’è la sorpresa, l’infinitesimale realizzato, il capello spartito in quattro. In Debussy trova colori, effluvi e qualità di suono delicatissima.
— Ernesta Rota Rinaldi, Diari, manoscritto. Venezia, Fondazione Cini, Fondo Nino Rota.
Ed ecco, pochi mesi dopo, i due amici insieme a casa Rota, al pianoforte:
6 settembre 1942
Ieri sera Nino è venuto a casa con Michelangeli Benedetti, il suo segretario, e Antonio Pedrotti. Simpatica sorpresa. Stanno a Milano qualche giorno per incidere dischi Telefunken e cioè: il Concerto per piano e orchestra di Grieg e il Concerto di Schumann. Pedrotti dirige. Cominciamo guardandoci con diffidenza. Benedetti ai primi approcci sta sulle difensive. Lo sguardo velato e l’espressione fuggente: si capisce che è spesso seccato nell’ambiente della musica e ci si muove a disagio. S’attacca al ping pong come a un’ancora di salvezza e lui e il suo segretario, Ariosto (guarda che nome), palleggiano con serietà. Benedetti tiene al fianco la mano sinistra mentre sventaglia la racchetta con gesto elegante e sicuro. Il giuoco l’appassiona e coglie spesso le palle. Pedrotti naturalmente pigro si sdraia in terrazzo e chiede musica a Nino. Nino improvvisa al piano riflettendo su cosa dovrà suonare. Quando lascia andare le mani a caso, senza accorgersi di suonare, la musica gli sgorga fra le dita a rivoli: come se parlasse con sé stesso, fluiscono senza discontinuità armonie, motivi modulati in un discorso scorrevole e ondoso. Pedrotti s’avvicina al piano e Nino attacca disinvolto la prima frase del Concerto di Schumann sentito testè da Benedetti alla prova per i dischi. Ha un bel coraggio. Pedrotti trova sul piano i Concerti Brandeburghesi di Bach, siede a fianco di Nino e suonano a quattro mani il primo Concerto. Benedetti smette il ping pong e si fa dietro Nino, attento. La riduzione dei Brandeburghesi è di Reger: fitta, aggrovigliata, non condona una nota, per cui è un intreccio di contrappunti a sette e più voci irto di terze, quarte, seste, da perderci l’occhio e le dita. Benedetti siede al posto di Pedrotti che non ce la fa e seguita lui con Nino sgranando le note con precisione e chiarezza. Pedrotti segue attento e interessato perché deve dirigere questo Bach a un prossimo concerto. Nino si gode un mondo a passar musica con qualcuno che la sa lunga. S’attaccano ai Quartetti di Beethoven; gli ultimi, che vengono eseguiti assai di rado e risultano ottimamente anche col solo pianoforte. Benedetti è un leggitore agguerrito ma non ha a che fare con la maturità di Agosti, il quale conosce a menadito tutto Beethoven e ha sviscerato i quartetti più astrusi sino al midollo. Benedetti si diverte di cuore. Suda pericolosamente. Gli metto sulle spalle un golf perché non si raffreddi. Vola la serata.
— Ernesta Rota Rinaldi, Diari, manoscritto. Venezia, Fondazione Cini, Fondo Nino Rota.
Fig. 72
Figg. 73-74
Il Concerto in do, cui dopo il 1960 Rota ritorna a più riprese nel corso di ripetuti incontri con Michelangeli (figg. 72-74), non è mai stato eseguito dal dedicatario. Ritenuta ormai vana l’attesa di una reale disponibilità da parte del grande pianista, il Concerto - nell’occasione intitolato Partita (fig. 75) affinché resti aperta la possibilità di una «prima» con Michelangeli – viene eseguito due volte nel 1974, il 28 maggio a Bari con l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari diretta da Michele Marvulli e il 2 agosto a Lanciano con l’Orchestra Sinfonica Giovanile diretta da Riccardo Chailly, solista l’autore (fig. 76). Sarà Aldo Ciccolini ad eseguire per la prima volta il Concerto in do (non più Partita) con l’Orchestra Sinfonica di Roma della RAI diretta da Günther Neuhold a Roma il 12 dicembre 1987.
Fig. 75
Fig. 76
Fig. 77
Per Michelangeli Rota compone inoltre due cadenze per il primo e il secondo movimento del Concerto in sol maggiore Hob. XVIII/4 di Haydn, che il pianista inciderà in un disco per la EMI all’inizio del 1975.
